Dalla fine del 2020, la Federazione Ascomac e Unimot, in rappresentanza dei produttori e distributori di motori, non esistono più. Per celebrare il de profundis dell’associazione, concepita e cresciuta nel grembo di Confcommercio, e a cui DIESEL è stata sempre molto vicina, siamo andati alla fonte e abbiamo intervistato alcuni dei principali protagonisti degli ultimi anni. Con l’obiettivo di comprendere le ragioni che hanno portato a una decisione così netta, ma anche per cercare di intuire quale potrebbe essere il futuro prossimo dell’associazionismo di settore in Italia. I primi movimenti ve li abbiamo raccontati proprio nelle scorse settimane, con la creazione del gruppo dei motoristi nel contesto di Unacea. Ma le novità non finiranno qui.

A pagina 10 di DIESEL maggio trovate il report completo. Di seguito un estratto.

Ascomac Unimot, il pensiero di Massimo Donà

Massimo Donà (Saim) è stato il penultimo presidente di Unimot. Il rammarico è evidente «È un vero peccato» esordisce. «Partendo dal finale, posso rilevare come sia venuta progressivamente a mancare, soprattutto negli ultimi due anni, la cooperazione interna all’associazione. L’allentamento della partecipazione dei soci alle varie attività e iniziative associative è sfociato nel tempo addirittura nell’uscita di diversi soci, tra cui anche nomi importanti del panorama motoristico. L’emorragia ha purtroppo riguardato anche le altre unioni, Unicea, Cogena e, soprattutto, Cantiermacchine, per la massiccia migrazione verso Unacea. L’associazione si è dimostrata poco efficace a stimolare l’attenzione e la proattività dei soci. La situazione di difficoltà affonda le sue radici a partire dalla grande crisi del 2009-10, che ha depauperato il tessuto associativo. Tanti soci hanno così preferito destinare ad altre esigenze aziendali il denaro del contributo annuale, alcune multinazionali si sono allontanate dalle associazioni di categoria, per una decisione strategica. Insomma, abbiamo registrato un diffuso disamoramento verso l’associazionismo, fenomeno che non ha risparmiato neppure la nostra federazione». 

ascomac Unimot

L’ultimo presidente di Unimot, Guglielmo Tummarello

Ingegnere navale, direttore Marine market sector di Fpt Industrial, Tummarello si era posto un obiettivo: elaborare una banca dati sulla produzione e movimentazione di motori industriali in Italia. Invece, cosa è successo? «Ci siamo trovati di fronte a una base associativa notevolmente ridimensionata che ha reso l’associazione instabile sotto il profilo economico. In prospettiva sarebbe mancata linfa vitale in termini di risorse. I soci si aspettavano una gestione 2.0: far corrispondere a problema specifico una soluzione specifica, con costi e tempi certi, ricorrendo a consulenze ad hoc. In proiezione del 2021 la quota associativa sarebbe diventata troppo onerosa, creando di fatto un ulteriore elemento di frustrazione per le aziende già associate e un deterrente per le aziende interessate ad associarsi. Sferzati dal mio entusiasmo, alcuni potenziali soci si erano dichiarati comunque disponibili, ma non se ne è fatto più nulla di fronte alle incognite di alimentare un contenitore che si stava svuotando».

L’ultimo presidente di Ascomac, Edoardo Rovarini

Risalire dal particolare al generale. Si chiama metodo induttivo e ci ha condotto ad attivare un canale con Edoardo Rovarini. «Sono capitato in una congiuntura che ha costretto le imprese ad affaccendarsi in tutt’altre faccende. Abbiamo provato a rianimare l’associazione, ripartendo dallo spirito degli albori». E cosa non ha funzionato? «Due chiavi di lettura. Le prime difficoltà sono scaturite quando abbiamo cercato di capire quali fossero i bisogni degli associati. L’eterogeneità di una federazione come Ascomac, che rappresenta interessi variegati, impone di arrivare a una sintesi. La seconda ragione scaturisce dalla crescente complessità dei mercati e dall’incalzare dei cambiamenti, che hanno compresso i tempi di adattamento. Questa tendenza coccia contro la struttura delle associazioni, che faticano ad adattarsi alle esigenze dell’organismo associativo». 

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Carlo Belvedere, Segretario generale di Ascomac

Promotore di diverse proposte di legge, Belvedere ha una rivendicazione: «Il mio ruolo è stato quello di fare proposte e azioni legali e responsabili». Tra le altre iniziative, ricorda la micro-generazione e le colonnine di ricarica entrate nel conto termico e diventate quindi Legge di Stato. Anche il suo tono è comprensibilmente amareggiato. Riguardo a Confcommercio va in controtendenza: «Una scelta di campo che giudico positivamente, anche perché rappresentavamo distributori più che fabbricanti». Anche nelle considerazioni conclusive, la barra del timone rimane dritta: «Di azioni concrete ne abbiamo fatte tante, e parlo di proposte trasformate in Leggi di Stato, dai carrelli alle macchine movimento terra e agricole, ai motori industriali e navali, ai gruppi elettrogeni, ai sistemi alternativi ad alta efficienza come la cogenerazione, al Codice degli Appalti ora Contratti Pubblici, alla filiera dei combustibili alternativi a partire dal biometano. Avremmo voluto replicare quest’ultima iniziativa con il Gpl e l’idrogeno». Belvedere sostiene di avere sempre auspicato la creazione e attuazione di una filiera di imprese responsabili, innovative e sostenibili, mettendo al centro correttamente e concretamente il cliente/utente finale che si fida e, finalmente, si affida. Non possiamo che accodarci.

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