Il presidente di Federtec, Fausto Villa, lo scorso 3 aprile ci ha concesso una lunga intervista che è servita ad analizzare il difficilissimo momento dell’industria italiana, stretta tra i rischi della pandemia e la necessità di pensare a una ripartenza che, in questi, giorni appare frammentata e, in molti casi, priva del necessario coordinamento.

La scorsa settimana vi abbiamo proposto la prima parte della chiacchierata con Fausto Villa. Ecco la seconda e ultima parte, in cui parliamo, inevitabilmente, anche di futuro e possibili opportunità.

Col presidente di Federtec ripartiamo dalla questione degli operatori di produzione

Fatta salva la volontà delle aziende di garantire la massima sicurezza si poneva la questione dei dispositivi di protezione. È stato un freno importante alla possibilità di continuare la produzione, previo il rispetto di certe condizioni?

Le aziende più strutturate si sono organizzate per tempo, con l’obiettivo di garantire l’incolumità degli operatori; purtroppo, le piccole aziende sono state più penalizzate e molte di queste hanno dovuto chiudere. Voglio precisare che il governo non ha fatto pervenire perfino a moltissimi operatori sanitari che stanno sul fronte, e rischiano la propria vita, quanto dovuto per evitare il contagio.

fausto villa
Fausto Villa, presidente di Federtec

Avendo un’origine sanitaria, quella attuale è una crisi certamente diversa rispetto a quella del 2008. Ci sono però, a suo parere, elementi comuni? E l’esperienza che la maggior parte degli imprenditori e dei manager hanno vissuto allora può aiutare ad affrontare il momento attuale?

Questa è una crisi senza precedenti che ha, oltre a quelle economiche, anche implicazioni sociali e morali. Non dimentichiamo che le economie italiana e internazionale erano già prima in lieve flessione.

La crisi del 2008 era stata definita epocale perché era dovuta al rallentamento e alla saturazione dei mercati tradizionalmente ricchi. Dunque, niente a che vedere con quella che il mondo sta vivendo attualmente, se non negli aspetti legati al calo di fatturato.

Con caparbietà, coraggio e capacità di risolvere i problemi, gli imprenditori italiani sapranno reagire e rilanciare il nostro tessuto industriale. È chiaro però che tutte le istituzioni coinvolte – a partire da un’Europa unita che sembra non esserci – devono trovare una sinergia per definire una linea chiara e condivisa su come procedere per salvaguardare e aiutare le aziende.

Ripensare il processo produttivo secondo logiche di digitalizzazione potrà attenuare gli effetti negativi del lockdown? E una distribuzione più razionale delle risorse umane potrà aiutare a riprendere la produzione in sicurezza?

Il mondo è in continuo cambiamento. Essere aperti al cambiamento e all’innovazione non è una scelta ma una necessità. La trasformazione digitale è un cambiamento culturale ancor prima che tecnologico, fondamentale quindi anche per tutti noi è la disponibilità mentale a ripensare comportamenti e abitudini consolidati nel tempo.

Ci troviamo nel pieno dell’era digitale: IoT, big data, intelligenza artificiale, robotica collaborativa, nuove specializzazioni e una nuova ricollocazione degli operatori aziendali potranno essere garanzia di continuità di produzione e sicurezza.

presidente di Federtec
La collettiva Federtec ad Agritechnica 2019

L’Italia, nell’ambito della trasmissione di potenza, è un attore di primissimo piano a livello globale. Teme che quanto sta succedendo possa ridimensionarne il ruolo, una volta terminata la fase acuta dell’emergenza sanitaria?

Dopo la guerra c’è la ricostruzione. L’elevatissimo numero di vittime che questa pandemia sta generando merita assoluto rispetto ma, quando tutto questo finirà, sono convinto che l’Italia saprà reagire. E il settore della trasmissione di potenza – linfa vitale dell’economia italiana e internazionale, con le nostre aziende che esportano quasi il 70 percento della produzione – non farà eccezione.

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