Cartello, distributore dei motori marini di Yanmar dal 1984, avviata a fornire qualsiasi integrazione di sistema a cantieri nautici e armatori. Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati a dicembre

Potreste citare alcuni casi studio: uno nel commerciale, uno nel diporto? Quali sono le applicazioni light o medium-duty del commerciale che seguite maggiormente con Yanmar?

«Potremmo citare per il diporto, l’imbarcazione Aquariva motorizzata da una coppia di 8LV370 con invertitore Two Speed ZF 90Ivts, in tutte le versioni, standard e Anniversary. Si tratta di un’imbarcazione iconica che ha fatto la storia della nautica. Sono centinaia le installazioni circolanti con piena soddisfazione del cantiere del Gruppo Ferretti e dei clienti. Per il lavoro, potremmo citare i taxi di Venezia: si tratta di un’imbarcazione classica, Venezia Taxi Boat, equipaggiata con motore Yanmar 4LV150 e piede poppiero. Le caratteristiche sono: elevate prestazioni, ridotta rumorosità e vibrazioni per il comfort dei passeggeri, utilizzo intensivo durante tutto l’anno».

A proposito dei giapponesi: potete raccontarci del 6,7 litri esposto a Genova e dell’accordo con Fpt Industrial nel suo complesso?

«Il motore esposto a Genova era un 8.3 litri. Yanmar e Fpt hanno raggiunto un accordo riguardante i motori a 6,7 litri e 8,3 litri, quindi, fino a 550 cavalli per il primo e 640 cavalli per il secondo.  Credo che Yanmar stesse cercando di ampliare verso l’alto il suo portfolio e abbia riconosciuto in Fpt un partner con delle basi motore che hanno analizzato per bene. Sono stati fatti vari test e modifiche dedicate a Yanmar, che rispondessero in modo più fedele agli standard giapponesi e posso dire con certezza che, anche se i motori appaiono uguali, in realtà ci sono delle differenze peculiari ed esclusive per Yanmar. Io credo che i nostri clienti potranno apprezzare la qualità Yanmar come su tutti gli altri prodotti, sia che siano base Yanmar sia che siano base Toyota, come per alcuni e sia con questi ultimi arrivati».

Sempre a proposito di Yanmar, come procede la transizione al controllo elettronico? Potreste descrivere sommariamente la gamma, in termini di cilindrate e potenze?

«Ad oggi, a parte i motori da 9 a 29 cavalli, tutti gli altri motori da diporto sono a controllo elettronico e sono tutti common rail, per rispondere alle più stringenti norme sulle emissioni a livello globale. Anzi, se devo dirla tutta, dopo una partenza lenta rispetto alla concorrenza, tipica dell’approccio giapponese, oggi credo che Yanmar sia il produttore con i motori più tecnologi e puliti nel suo segmento di mercato. Altri competitor hanno a listino ancora modelli a controllo meccanico oppure hanno basi motori e tecnologie che arrivano appena ai limiti di legge e solo in condizione di prova a banco. Yanmar è davvero green anche in condizioni di utilizzo non ottimale (penso a barche sporche o sovraccariche). Siamo molto fieri di questo e secondo me non lo diciamo abbastanza».

La nicchia di mercato dei Cox nel mercato italiano?

«Il brand Cox è un progetto molto interessante con un prodotto innovativo nel suo insieme (non è innovativo il diesel e non lo è il fuoribordo, ma lo è l’insieme). Anche se trattiamo questo prodotto da alcuni anni, devo dire che fino alla scorsa stagione era da considerarsi a tutti gli effetti ancora un prodotto acerbo, perciò abbiamo deciso a suo tempo di attenderne la maturazione. Oggi, però, il prodotto è pronto per essere spinto sul mercato e pensiamo che conquisterà un posto sia in ambito professionale che da diporto. Innanzitutto, perché risparmia risorse (dal 25 per cento almeno di risparmio energetico) e poi perché, paragonandolo a motori fuoribordo benzina non catalizzati, vediamo che la differenza di inquinamento è notevole. In ultimo, perché unisce la forza e la coppia di un motore diesel alla praticità di un fuoribordo… Ha tutto per essere un successo. Unico neo, il prezzo molto alto se paragonato a un fuoribordo a benzina: sarà compito nostro spiegare che il paragone giusto da fare è con un entrofuoribordo diesel».

Alla voce differenziazione spunta il nome di E-motion. In che misura e in quali forme collaborate con Maggi e quale ventaglio di potenze potete fornire? Potreste descrivere brevemente l’approccio tecnologico di questi ibridi?

«Con E-motion collaboriamo già da alcuni anni. Le potenze che forniamo al momento arrivano fino a 440 HP, sia come propulsione ibrida che come power unit per generatori a giri variabili, che E-motion progetta e assembla in toto. Oggi l’argomento ibrido è molto attuale e credo sia la giusta via nel settore nautico per delocalizzare inquinamento acustico ed emissioni in luoghi dove questo fa meno danni. Una barca non è una vettura e ottenere una neutralità delle emissioni è molto più complesso e richiederà molti anni; intanto, questi prodotti aiutano a migliorare la situazione dove è più urgente (parchi marini, porti, zone protette) e dove più è apprezzabile dai clienti (navigazione diurna, spostamenti brevi o medio-brevi, hotelerie senza utilizzo di generatore, ma solo in accumulo su batterie). L’approccio E-motion, secondo noi, è tra i più completi sul mercato ed è orientato a yacht di media e grande taglia, che sono quelli più indicati da un punto di vista economico (l’extra costo è una frazione inferiore del costo totale dello yacht), da un punto di vista degli spazi (peso e spazio per le batterie impattano meno su peso e spazio totale dello yacht) e del pattern di utilizzo del mezzo (maggior numero di ore di utilizzo medio e maggior prominenza della velocità di crociera o in dislocamento). Per le barche più piccole, specialmente plananti, la strada è ancora lunga e necessita di un ulteriore salto tecnologico, specialmente per quanto riguarda l’accumulo di energia, che oggi risulta ancora troppo pesante, sia in termini di peso sia di costi. Ci si arriverà, ma non penso che la nostra generazione vedrà una barca full electric che non sia un concept o un esercizio di stile, ma un vero mezzo utilizzabile. Credo che invece di ibrido se ne parlerà sempre di più ed E-motion potrà dire certamente la sua».

Sulle grandi cilindrate il metanolo sembra un’opzione strategica. Se l’idrogeno ha problemi di stoccaggio e il Bev non è replicabile in acqua per gli ingombri, non resta altro che l’ibridizzazione? Yanmar sta però investendo risorse nel test sull’idrogeno, insieme a Toyota. È trapelato qualche cosa di più sullo stato delle prove in acqua? Perché nel diporto non si invoca l’Hvo come nell’automotive pesante, nel construction e nella generazione di potenza?

«Come dicevo, l’ibrido è l’opzione più realistica ed immediata al momento, perciò anche in Yanmar stanno lavorando con i loro tempi. Però, mi lasci dire che pensare all’ ibrido in nautica apre un mondo di possibilità che ogni produttore declinerà in modo diverso, perciò in futuro avremo diversi produttori con diverse soluzioni… sarà una giungla, temo. Un ibrido per barca a vela non è lo stesso di uno per motoscafo. Da un lato, sarà interessante vedere chi avrà le idee migliori; dall’altro, mi preoccupa la confusione che si creerà per i clienti. 

Per quanto riguarda l’idrogeno, invece, Yanmar sta cooperando con Toyota, come comunicato in maniera ufficiale, ma tendo a pensare che questo tipo di progetto sia un po’ lontano nel tempo, almeno per quanto riguarda il diporto. Nel commerciale, invece, potrebbe avere tempi leggermente più veloci. Riguardo all’Hvo, Yanmar ha già approvato l’utilizzo di questi carburanti fino a 125 cavalli, mentre sono in fase di valutazione per potenze superiori. Da qui a diventare una possibilità reale, occorre che le reti distributive dei carburanti nel settore nautico ne abbiano disponibilità».

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