Una filiera che resiste: come sta l’industria nautica in Italia
Un approfondimento sulla condizione dell’industria nautica in Italia. È quello che abbiamo pensato di fare, su DIESEL di settembre. L’obiettivo è comprenderne i punti di forza e di debolezza, in un momento in cui gli effetti dello sconquasso provocato dal Covid (con il rinvio o la cancellazione di eventi di primo piano, sebbene non previsti […]
Un approfondimento sulla condizione dell’industria nautica in Italia. È quello che abbiamo pensato di fare, su DIESEL di settembre. L’obiettivo è comprenderne i punti di forza e di debolezza, in un momento in cui gli effetti dello sconquasso provocato dal Covid (con il rinvio o la cancellazione di eventi di primo piano, sebbene non previsti in Italia, come i saloni di Cannes e di Amsterdam) non tarderanno a manifestarsi.
Qui vi proponiamo un estratto dell’articolo, la cui versione integrale è disponibile a questo link.
L’industria nautica in Italia: la forza viene dall’export
Come presentato dal Cna nella settima edizione del documento ‘Dinamiche prospettive di mercato della filiera nautica da diporto’, appare evidente la capacità del settore nautico italiano di crescere, in termini di fatturato relativo alla parte manifatturiera, del 43% nel periodo che va dal 2015 al 2018. Questo, contro una crescita della manifattura nazionale complessiva che, nello stesso arco temporale, non è andata oltre il 7,1%.
Tali risultati sono da attribuirsi alle dinamiche legate ai mercati esteri, e in particolare alle vendite in Europa, che rappresentano circa il 40% delle esportazioni, con una crescita dell’1,6% mediamente negli ultimi anni.
A questo si affianca la crescita a doppia cifra delle esportazioni verso l’America del Nord, che rappresentano circa il 46% delle esportazioni italiane (+22% solo nel 2018).
L’export è, pertanto, un vero e proprio punto di forza della nautica italiana.
Un comparto che – sin dal 1492, verrebbe da dire – vanta una connaturata relazione con il continente americano.
Tale dinamica mostra chiaramente come la nautica italiana differenzi il proprio approccio ai mercati esteri con due macro strategie. La filiera della nautica da diporto comprende, infatti, vari interventi. Dalla progettazione al cantiere, fino al dialogo di questi con le aziende specializzate nell’impiantistica, nella produzione di motori e sistemi di propulsione nonché di arredamenti primari e complementi. I
l motore dell’export italiano trova dunque il proprio perno nelle filiere locali per garantire un alto livello di qualità nel prodotto e servizio offerto.
Le filiere e i cantieri
Occorre tuttavia distinguere chiaramente la domanda nazionale, debole e legata a segmenti produttivi con una lunghezza di scafo inferiore ai 24 metri, rispetto al dinamismo registrato dal mercato estero per la domanda di yatch di grandi dimensioni e con forte customizzazione, che trascina l’interesse verso i megayatch con una clientela sempre più esclusiva.
Le filiere sono, pertanto, il perno di storia e tradizione al servizio della manifattura italiana.
La quale trova però la via verso i mercati esteri attraverso un numero ristretto di grandi cantieri navali in grado di investire per sviluppare i rapporti nei mercati europei e americani. Il cantiere, dunque, è la porta per l’esportazione del made in Italy nella nautica. Tradizione e innovazione devono però nascere dalla filiera nazionale delle Pmi a livello locale.
La filiera delle esportazioni così mappata porta con sé alcune importanti relazioni da considerare per il mantenimento del primato del made in Italy nel tempo.