Il Dieselgate fa ancora parlare di sé
Dieselgate. La Corte dei conti europea ha espresso la propria opinione A febbraio, la Corte dei conti europea ha pubblicato un documento di riflessione a qualche anno di distanza dal famigerato dieselgate. «La normativa UE in materia di emissioni dei veicoli è migliorata, ma permangono problemi; i produttori potrebbero trovare il modo di aggirare i […]
Dieselgate. La Corte dei conti europea ha espresso la propria opinione
A febbraio, la Corte dei conti europea ha pubblicato un documento di riflessione a qualche anno di distanza dal famigerato dieselgate. «La normativa UE in materia di emissioni dei veicoli è migliorata, ma permangono problemi; i produttori potrebbero trovare il modo di aggirare i nuovi sistemi di test introdotti e c’è la possibilità che i test condotti da terzi indipendenti possano rivelarsi limitati a causa degli ingenti costi».
Alcuni mesi prima, il 17 ottobre 2018, la Commissione aveva già presentato una relazione di follow-up alla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) del Parlamento europeo, sottolineando l’esistenza (o meglio, la persistenza) di vari punti deboli nel sistema UE di misurazione delle emissioni dei veicoli. Riavvolgiamo il nastro.
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Uno sguardo alla storia passata
Nel 2015 esplode il dieselgate, uno scandalo che fa il giro del mondo anche per il blasone dei soggetti coinvolti. «Le discrepanze tra le emissioni dei veicoli registrate in laboratorio e quelle su strada finiscono sotto i riflettori e appare evidente che alcuni produttori automobilistici utilizzavano impianti di manipolazione per generare emissioni significativamente minori durante le prove ufficiali rispetto a quelle in condizioni di guida normali».
Già nel 2011 il Joint Research Center della Commissione europea aveva avvisato: «Vi è una significativa discrepanza tra le emissioni di NOx delle autovetture in condizioni di laboratorio e quelle osservate su strada».
È per altro interessante rilevare come a seguito del tanto decantato dieselgate nessuno degli Stati membri abbia comminato una sanzione ai produttori per le violazioni ai regolamenti sull’omologazione. Chi si è mosso – casi per altro limitati – lo ha fatto piuttosto per punire una sorta di concorrenza sleale o di violazione dei diritti dei consumatori.
«In Germania – precisa il documento – Volkswagen ha accettato di pagare 1 miliardo di euro alla Bassa Sassonia e Audi di versare 800 milioni di euro alla Baviera per aver ottenuto indebiti vantaggi economici e per non aver adottato le opportune misure di vigilanza. Nei Paesi Bassi, l’Autorità dei consumatori e del mercato ha irrogato a Volkswagen una sanzione pecuniaria di 450.000 euro, l’importo più alto previsto dalla normativa nazionale olandese per pratiche commerciali scorrette. In Italia, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha irrogato una sanzione pecuniaria di 5 milioni di euro al gruppo Volkswagen. In Spagna sono in corso procedimenti amministrativi e penali contro Seat».
Alcuni Stati membri hanno invece reagito sottoponendo – attraverso le autorità nazionali di omologazione – a nuove prove le autovetture. «Dalle quali è emerso – denuncia la Corte – che le emissioni di gas di scarico su strada di quasi tutti i veicoli leggeri diesel Euro 5 e Euro 6 superavano significativamente i limiti di NOx applicabili, in alcuni casi di oltre 10 volte». Dieci volte! Un divario clamoroso che denuncia tutta la fragilità del sistema.
Nel 2016 l’Organizzazione dei Paesi Bassi per la ricerca scientifica applicata (TNO) ha pubblicato una relazione in cui sosteneva che i valori delle emissioni di anidride carbonica in fase di omologazione erano, in media, inferiori di 20 g/km a quelli ottenuti da prove indipendenti. Sempre nel 2016, uno studio realizzato per conto della Commissione ha riscontrato un divario in termini di emissioni di CO2 tra i dati di omologazione e quelli su strada che in alcuni casi superava il 50 per cento.
In altre parole, il dieselgate ha sbattuto il mostro in prima pagina, gridando a sette colonne quello che era effettivamente noto e diffuso, oltre i bisbigli e le indiscrezioni.
Tornando al presente…
Sempre sfogliando il rapporto pubblicato dalla Corte dei conti. Rispetto al pre-dieselgate la situazione attuale appare profondamente cambiata (in meglio):
– La Commissione può adesso esaminare il lavoro delle autorità nazionali di omologazione, testare essa stessa i veicoli, revocare o sospendere le omologazioni e comminare sanzioni.
– L’effettuazione di prove sui veicoli in circolazione è adesso obbligatoria negli Stati membri dell’UE.
– Sono state introdotte nuove prove di laboratorio per colmare l’ampio divario tra i livelli di emissione di CO2 misurati in laboratorio e quelli misurati su strada. La procedura per i veicoli leggeri armonizzata a livello mondiale è la WLTP-World Harmonized Light Vehicle Test Procedure, il nuovo standard per l’omologazione delle emissioni inquinanti ai cui requisiti dal 1° settembre 2018 dovranno rispondere tutte le auto di nuova immatricolazione. La WLTP subentra alla precedente NEDC.
– Per misurare le emissioni di NOx in condizioni reali di guida è stata introdotta la RDE-Real Driving Emissions.
– Le terze parti interessate possono adesso effettuare prove sulle emissioni.
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Ma ci sono anche possibili problemi in vista
La Corte dei conti europea ha già anticipato una serie di problemi che il nuovo sistema di prove si trova ad affrontare:
– l’efficacia dei controlli di vigilanza del mercato dipenderà dalla loro organizzazione e attuazione da parte degli Stati membri;
– la finalità del ciclo WLTP riflette meglio le condizioni di guida su strada, tuttavia i produttori potrebbero trovare nuove flessibilità nella prova di laboratorio WLTP per ridurre le emissioni di anidride carbonica delle autovetture prodotte;
– vi è il rischio che i produttori ottimizzino i veicoli per la prova RDE: testare le autovetture in circolazione, al di là dei parametri RDE, potrebbe essere un modo di ovviare a questo rischio;
– l’introduzione della prova RDE ha portato a una significativa riduzione delle emissioni di NOx da parte delle autovetture diesel, ma l’impatto avrebbe potuto essere ancora maggiore se fosse stato adottato il limite massimo di 128 mg/km di NOx inizialmente proposto invece di quello di 168 mg/km. Attualmente negli Stati Uniti il limite per le emissioni di NOx è di 40 mg/km;
– la prova RDE, inoltre, mira a coprire le condizioni di guida normali. Ciò significa che, ad esempio, la guida a temperature inferiori a -7 °C o uno stile di guida aggressivo non sono coperti dalla prova;
– le prove condotte da terzi indipendenti, di recente introduzione, potrebbero essere limitate a causa degli elevati costi delle prove WLTP e RDE concernenti le emissioni.