Non c’è stato il tempo per elaborare il lutto, che le prefiche di Cogena, l’associazione dei costruttori e rivenditori di gruppi per la generazione che il 31 dicembre scorso ha chiuso bottega insieme all’Unione di riferimento, Ascomac, hanno dovuto cedere il posto agli araldi di Anima. L’annuncio, infatti, è una buona novella: Il 16 giugno 2021 è nata l’associazione “Generazione Distribuita – Sistemi per la Generazione di Energia” all’interno di Anima Confindustria. Abbiamo chiesto lumi al Presidente, Marco Monsurrò (Coelmo) e al vicepresidente Mario Carraro (MeccAlte).  La prima assoluta in pubblico sarà a Ecomondo.

Con quali presupposti nasce Generazione Distribuita? 

Il presupposto è quello della rappresentatività di un settore che in Italia ha sviluppato fornitori di componenti, assemblatori ed integratori di sistemi con un volume d’affari davvero notevole rispetto ad altri paesi. L’industria del gruppo elettrogeno si è storicamente ben tagliata alle caratteristiche di flessibilità e adattabilità delle aziende italiane, germogliando in molti settori tanto di nicchia quanto generalisti. Questo nonostante l’innegabile contrazione a cui assistiamo da almeno due lustri, che sembra essersi assestata all’attuale numero di player di filiera.

Per capirci, aggiungiamo noi, Generazione Distribuita associa costruttori e distributori di apparecchi, macchine, componenti e sistemi per la conversione distribuita di energia elettrica: motori, alternatori, componentistica elettrica ed elettronica, componentistica meccanica, gruppi elettrogeni e torri faro.

Qual è grossomodo il fatturato generato dalla filiera?

La filiera dei gruppi elettrogeni in Italia stimiamo ‘generi’ un valore ‘distribuito’ di non meno di 1.300 milioni di euro tra la produzione di motori, alternatori, componenti e gruppi elettrogeni finiti.

Cosa è mancato finora al settore in termini di rappresentanza? 

Come spesso in Italia, è mancata coesione e consapevolezza condivisa di rappresentare un valore così importante. Ma come altrettanto spesso sempre in Italia, si è riusciti a coagulare in poco tempo un interesse deciso di molte aziende non appena si è iniziato a parlarne. Più di 20 aziende del settore hanno risposto con entusiasmo, diventando soci fondatori di Generazione Distribuita. Tra i fondatori citiamo Ausonia, Baudouin, BU Perkins, Cgm, Ctm, Cummins, Greenpower, Leroy Somer, Marelli, Pramac e Orefice Generators.

In quale misura e in quali forme l’associazione potrebbe promuovere l’export: coagulando la filiera e facendo massa critica? Facendo leva sul Parlamento nazionale e sull’Unione Europea? Ottimizzando le economie di scala? 

Il gioco di squadra è essenziale. I competitor in una economia scalata globalmente, non sono i vicini di casa dei distretti industriali italiani. Pensiamo come nel solo Nord Est ci siano cinque produttori di macchine elettriche nel raggio di trenta chilometri. I competitor sono fuori, nel mercato: concentrare le forze non serve solo a non disperderle. Serve a moltiplicarle, e la competizione nel mercato globale richiede la massima delle focalizzazioni possibili. Generazione Distribuita si prefigge quindi di essere presente nei tavoli tecnici e nei tavoli commerciali nei quali far valere la parola delle aziende Italiane che compongono il settore. Non solo: Generazione Distribuita darà voce ai suoi associati verso il mondo fieristico, dove le esigenze sono comuni: parlare con una sola voce permetterà di orientare gli eventi per massimizzarne il ritorno.  Non ultimo, impossibile non pensare a quali possano essere i progetti futuri, di innovazione di processo. Aziende interconnesse, piattaforme comuni di procurement e miglioramento delle informazioni andrebbero a vantaggio di tutti, produttori di componenti ed assemblatori di gruppi.

Gli incentivi del pacchetto Industria 4.0 non hanno incluso i gruppi elettrogeni. Come mai? Ed è possibile, secondo voi, porre rimedio per gli anni che verranno?

Industria 4.0 è stata una risposta buona a sufficienza rispetto ad un problema reale. La trasformazione dei beni di produzione verso una digitalizzazione diffusa. Ogni incentivo ha sempre escluso i sistemi di produzione di energia elettrica. La presenza di una associazione di categoria avrebbe permesso di spiegare con chiarezza al legislatore di come i nostri prodotti vengono utilizzati per diverse applicazioni. Tanto nella produzione di energia (prime power), quanto nella garanzia della sua continuità (stand by). Se per i primi gli incentivi sono stati volutamente esclusi magari per buone ragioni, risulta incomprensibile come non si potesse considerare incentivabile i secondi. Includere gli incentivi per i gruppi di emergenza avrebbe permesso un rinnovo deciso del parco macchine, con motori più ecologici ed efficienti, e sistemi di IoT che avrebbero permesso una gestione migliore dell’attuale. E tutto questo sarebbe stato ben più utile che in molti altri settori egualmente incentivati. Con il non trascurabile vantaggio di avere una filiera del gruppo elettrogeno estremamente ben radicata con una produzione made in Italy. L’estensione dei gruppi elettrogeni in Industria 4.0 è una assoluta priorità.

L’ARTICOLO COMPLETO USCITO SU DIESEL SETTEMBRE, PAG. 12

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