Massimo Labruna coniuga il futuro della sua AS, appena entrata nel Gruppo Élite di Borsa Italiana, che sta per tuffarsi nel mare magnum degli appuntamenti diportistici. A proposito di mare, è quello stesso mare nostrum sul quale si affacciano i saloni nautici e si riverbera la competenza di AS e di LF. Ci riferiamo a Venezia, Cannes, Genova, Brindisi e Salerno. L’orizzonte di AS Labruna travalica però le Colonne d’Ercole quando si tratta di applicazioni commerciali. Per Labruna il prossimo futuro si coniuga anche all’SMM di Amburgo, dal 3 al 6 settembre. A novembre l’undicesimo gettone al Mets di Amsterdam. Sarà un tuffo con lo slip da bagno o con la muta da sub? Lo chiediamo direttamente a Massimo Labruna.

Per AS Labruna il futuro è sostenibile (come il presente)

«Questo è un momento cruciale per la sostenibilità nel settore marino. Da un lato, si avverte una forte accelerazione delle richieste di motorizzazioni ibride ed elettriche, a fronte di uno stallo del mercato delle barche con propulsione convenzionale». A questo punto emerge un allarme più volte echeggiato a queste latitudini. «Non si può prescindere dalla regolamentazione sui sistemi ibridi ed elettrici, che ancora latita. Le cito l’esempio di un bando per la zona protetta delle Cinque Terre, che richiede la certificazione dell’intero sistema ibrido. L’applicazione del bando incontra delle difficoltà perché non esistono regole codificate per il pacchetto ibrido. Sono previste per l’elettrico e per il termico, ma l’ibrido prevede dei rischi specifici». 

Immagino che le noie non si limitino all’aspetto normativo

«Purtroppo, no. Si reitera l’annosa questione delle infrastrutture di ricarica. La ridotta capacità delle batterie è un conto, l’assenza dell’infrastruttura di ricarica rapida in porto è un’altra. Non si ricarica un pacco batteria da 150-200 kWh con la colonnina da banchina. Urge anche promuovere la standardizzazione della tensione delle batterie. I cinesi sono tecnologicamente avanti per quanto riguarda le batterie, gli europei nell’integrazione, disponendo di un know-how orizzontale, che abbraccia la meccanica. Dobbiamo valorizzare questo capitale, l’integrazione non è competenza così diffusa in Estremo Oriente. In fin dei conti c’è sempre una parte meccanica della trasmissione ed è proprio questo il vantaggio competitivo per affrontare con successo il mutamento industriale in corso. La chiave di lettura del mercato è fornire risposte e soluzioni integrate. Come system integrator vogliamo poter gestire la trasmissione. Questa è la visione strategica dei prossimi anni. Ci viene in soccorso la molteplicità di soluzioni che abbiamo sviluppato».

A proposito, cosa bolle in pentola? 

«Stiamo spingendo sull’Hvo. Questo combustibile fornisce prestazioni addirittura migliori del diesel, e una forbice di prezzo che si è allineata. Quando si vuole ridurre le emissioni di CO2 del 90% bisogna però essere onesti. Se brucio un litro di gasolio o di Hvo, le emissioni allo scarico si assomigliano molto. Un nostro cliente nel campo dei gruppi elettrogeni è rimasto perplesso dalle prove sulle emissioni dell’Hvo. Il punto non è questo. Nel loro ciclo di vita, i residui organici che compongono l’olio vegetale idrogenato hanno assorbito l’anidride carbonica, come le piante. Ragione per cui, di fatto, restituisco la CO2 all’ambiente. Il bilancio va fatto sulla vita utile del combustibile. Un approccio che andrebbe esteso anche sulle soluzioni elettriche. L’Hvo ha un numero di cetano più elevato e gli NOx sono inferiori, anche se non è disponibile un valore preciso, al momento». 

Torniamo a una visione panoramica

«Dobbiamo far in modo che l’utente finale non abbia problemi nel montare le nostre soluzioni, anche quelle intermedie. Una è data dalle piattaforme ibride e da altre opzioni, come quelle che prevedono pannelli solari e gruppi alimentati da Hvo. Nel mondo nautico c’è un’anima conservatrice e c’è chi ha virato sull’elettrico, come i maxi-yacht. Sul Wider 92 abbiamo equipaggiato i gruppi di bordo con degli N67 570, per alimentare le batterie sottosoglia. Quando, invece, si affrontano grosse traversate traggono vantaggio dalla spinta dell’elettrico con la tutela dell’endotermico». 

Perché l’ibrido non è ancora prassi diffusa nel diporto?

La risposta è diretta. «Sui maxy yacht sta prendendo piede, perché l’impatto del costo dell’ibrido è diluito». Infine, una carrellata sulla rassegna fieristica. «A Venezia portiamo la novità introdotta al Nauta di Catania, un modulo ibrido con l’FPT N540 170 Stage V, che si affida oltre alla classica linea d’asse anche al piede poppiero e a trasmissioni oleodinamiche, come barche per i rifiuti, taxi lagunari, mototopi, pattugliatori. Ripresenteremo l’Explomar da 300 cavalli, con fuoribordo elettrico. Infine, il kit HK, ibrido a cinghia, sia da 10 che da 20, ottimizzato in modo da migliorare le performance in ricarica, che riproporremo al Mets di Amsterdam. All’Arsenale ci sarà pure il consolidato sistema ibrido BHS, sviluppato da FNM, che equipaggia 20 pattugliatori della GdF, una motovedetta e un taxi della polizia municipale di Venezia, oltre a diverse imbarcazioni adibite a charter. A Montecarlo avremo un gommone con due fuoribordo elettrici da 300 cavalli. Insomma, il concetto alla base è rafforzare la multidisciplinarietà della propulsione. Per quanto riguarda il metanolo, il PB 4 è stato implementato nel software di gestione. Siamo intenzionati ad allestire uno scafo equipaggiato con fuel cell a metanolo».

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