Si può fare! Renato Bruno e la nostalgia per il mare
"Si può fare" racconta l'epopea della famiglia Bruno, generazioni imprenditoriali che hanno applicato una strategia fondata sulle sinergie intra-gruppali e sul rilancio dei tasselli che compongono il mosaico BGG e HB4
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Per sintetizzare la sua “utopia abitabile e tangibile”, Renato Bruno si è affidato a una massima di Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare la legna, dividere compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia del mare vasto e infinito». Quello che abbiamo definito “utopia abitabile e tangibile”, prospettiva demiurgica, manifesto culturale e imprenditoriale, si sostanzia in un libro, edito da Egea, braccio editoriale della Università Bocconi. “Si può fare“, questo è il titolo, racconta l’epopea imprenditoriale della famiglia Bruno, attraverso la voce degli alfieri, Renato Bruno in primis. La scrittura è affidata a una triade con l’imprinting bocconiano: Mario Minoja, ordinario all’Università di Udine e docente a contratto alla Bocconi e Stefania Bertolini, laureata proprio nel sancta sanctorum milanese della letteratura economica. A Vittoria Coda, Professore emerito della stessa Bocconi, è affidata la prefazione.
L’aggregazione virtuosa di Renato Bruno
La definizione è nostra. Per aggregazione virtuosa intendiamo la prospettiva che orienta l’operato di Renato Bruno, soprattutto nella istituzione di HB4, una delle tre holding con cui la famiglia Bruno gestisce la sua costellazione di asset. In modo organico e sinergico, con una visione olistica che rende dignità all’autonomia di ogni singolo tassello del mosaico e incentiva l’interazione tra i vari gangli del sistema nervoso corporate. La narrazione si sviluppa in senso cronologico. Le stelle del firmamento Bruno sono tre: Gruppo Bruno, specializzato nella meccanizzazione agricola; la BGG, Bruno Generators Group, fisiologicamente incastonata nella missione giornalistica di powertrainweb; HB4, su cui ci soffermeremo, una supernova di entità diversificate, che rinnova la morfogenesi e implementa la luminosità ad ogni acquisizione. HB4 rappresenta un esempio eccentrico di prassi manageriale. A pagina 13 è definita: «un gruppo di imprese intessuto di connessioni impensabili fra realtà tanto diversificate e con una forte cultura aziendale che ne rispetta le singole identità». Altro comune denominatore è lo stato di salute, spesso malandato, delle aziende stesse nel momento in cui sono state rilevate. Assai lontano il rumore di fondo del capitalismo predatorio. Le linee guida di Renato Bruno sono la proiezione dell’impresa, intesa come unità di produzione e organismo sociale, e uno stile di management hands on, ascrivibile a chi non relega il metabolismo della fabbrica a un foglio Excel, ma ci si immerge integralmente, mani e cervello. Giriamo pagina e leggiamo che il protagonista di questa narrazione «non ha la fissa di tagliare i costi ma, anzi, non vuole mandare a casa nessuno» e «favorisce la diffusione fra i collaboratori della conoscenza non soltanto dell’azienda per cui lavorano ma anche delle altre». Promozione vettoriale del senso di appartenenza e di un modus operandi proattivo e interattivo. La crisi della ZADI, e di altre aziende, successivamente, sarà affrontata insieme ai sindacati, che sottoscrivono le seguenti parole: «Le parti che sottoscrivono questo accordo condividono una visione dell’Impresa quale bene comune da preservare e rafforzare». Così è scritto.
Dalle macchine per la coltivazione alla generazione
I gruppi elettrogeni fioriscono spontaneamente all’interno dell’ecosistema agricolo del Gruppo Bruno. Da fornitori di ricambi per applicazioni stazionarie all’istituzione della Bruno Srl, nel 1987. È il big bang di una progressione che transita dall’istituzione di BGG UK e dalla scintilla che innesca la filosofia aziendale. Si parte dal liquidare l’opzione di delocalizzare parte della produzione in Cina e si rinvigorisce così la consapevolezza di mantenere la base produttiva in Italia. Commenterebbero gli anglofoni: «Easy, man!». No, è tutt’altro che semplice. Come osserva lo stesso Bruno, l’internalizzazione dei processi produttivi era una scelta controcorrente, considerata «un’eresia, dopo la crisi del 2008». Adesso ci possiamo permettere un’osservazione, sotto gli occhi di tutti gli analisti: è l’approccio che ha fatto la fortuna di Tesla e degli emergenti costruttori automobilistici cinesi.
HB4: Chiamatemi ecosistema
Definizione spesso abusata, quella di ecosistema, calza alla perfezione alla genesi e al consolidamento di HB4. Risalgono al 2012 i primi segnali di interesse per la ZADI di Carpi. Fanaleria e locking, prevalentemente per le due ruote. Come potrebbe chiosare il Tonino nazionale: «ma che c’azzecca?». Eppure c’azzecca, eccome, tanto da diventare caso studio e modello applicativo. Volete un esempio illuminante? Le maniglie per i generatori confezionati da chi, per vocazione, ha nelle corde la fanaleria per BMW. Si internalizza la produzione di un componente, personalizzandolo in modo sartoriale, e si produce fatturato captive. Nel 2013 si procede all’assimilazione di ECIE, concorrente naturale di ZADI. Anche a Lainate tira aria di buriana, la curvatura del fatturato è malinconicamente decrescente. La fanaleria è trasferita a Carpi e Lainate si rigenera come centro d’eccellenza dei componenti elettronici. Il gruppo Bruno spendeva annualmente cinque-sei milioni di euro in elettronica. “Two gust is mei che one” recitava in un “inglese al ragù” uno spot televisivo con Stefano Accorsi. In questo caso, i gusti sono addirittura tre. Lo snellimento del ciclo produttivo; l’arricchimento del know-how intra-aziendale; la riconversione e il rilancio di ECIE. Una ricetta che HB4 ha rinnovato, replicandone a più riprese gli esiti corroboranti. Nella strategia sinergica di Bruno i risultati a livello consolidato costituiscono il driver inter-gruppale. Dieci anni fa, la genesi di CevLab, laboratorio di ricerca e sviluppo all’interno del quale sono confluite risorse di ZADI, ECIE e, parzialmente, di un’altra entità del gruppo, la Giussani. A proposito di sinergie, CevLab si è occupata della progettazione di una ventola di raffreddamento per generatori, ZADI degli stampi per la pressocolata, SM4E del motore elettrico, ECIE delle schede, Tecnogen delle lamiere e del monitoraggio. Nel febbraio del 2015 la campagna acquisti batte un altro colpo: Lincar, produttrice di stufe e cucine a legna e a pellet. Nel 2016 tocca a Vulcania. Scaturisce così Corisit, che produce stufe marchiate con diversi brand. Carpenteria e lavorazioni meccaniche passano di mano e sono attribuite alla RLM (Reggiolo Lavorazioni Meccaniche). Nel 2018, è il turno di Ilmas, componenti per l’illuminazione, che si inserisce alla perfezione nel complessivo scacchiere sinergico.
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Infine, l’epifania di Reinova, sulla quale ci siamo diffusamente soffermati su POWERTRAIN. Reinventing Innovation, cullata e coccolata da clienti del calibro di Ferrari, Lamborghini, Samsung, Porsche. Dal 2020 al 2023 i ricavi sono lievitati da 1,8 a 10 milioni. Il business plan prevede di raggiungere quota 55 milioni nel 2030. Vi è venuta, ora, la nostalgia per il mare?