Cosa “c’azzecca” Tesla con l’idrogeno? Lo spunto prende il “la” dall’associazione milanese Tesla Owners Italia, che si dichiara senza scopo di lucro, composta da proprietari e appassionati del marchio Tesla. Ufficialmente riconosciuta da Tesla, dichiara di non ricevere da questa alcun compenso o sponsorizzazione. La curvatura del testo che riproduciamo, qui a seguire, riposa sulla bocciatura dell’idrogeno da parte di Tesla Owners.

Tesla Owners Italia e la bocciatura dell’auto a idrogeno

Secondo Tesla Owners Italia, l’auto a idrogeno offre sì la promessa di zero emissioni locali ed è considerata una delle possibili alternative ai veicoli a combustione interna tradizionali, ma presenta svantaggi significativi da considerare. È sì un’auto che non inquina perché emette solo goccioline d’acqua ma oggi la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili (idrogeno verde) non è ancora competitiva, e chissà quando lo sarà, in termini di costi rispetto all’idrogeno prodotto dal metano (grigio) che rappresenta oltre il 90% dell’idrogeno oggi prodotto. Ed è noto che il combustibile fossile comporta impatti ambientali significativi. Anche l’infrastruttura di distribuzione di idrogeno è praticamente assente, rendendo di fatto impossibile il rifornimento per i proprietari di auto a idrogeno. In sintesi: il processo di produzione, lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno comportano notevoli perdite di energia lungo la catena di approvvigionamento, oltre a prevedere misure straordinarie di sicurezza. Il prossimo decennio sarà cruciale e saranno richiesti ingenti investimenti in tecnologia e ricerca scientifica per abbattere sensibilmente i costi di produzione dell’idrogeno verde (unica soluzione possibile per pensare di valutare il futuro dell’idrogeno). La strada maestra resta quella tracciata dall’energia da fonti rinnovabili, e tra tutte si distingue il fotovoltaico che è alla base del sistema delle auto elettriche.

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“Condividiamo le osservazioni di Nicola Armaroli, chimico e Dirigente di ricerca presso il Cnr, e noto sostenitore del fotovoltaico – commenta Pierpaolo Zampini, Vice Presidente di Tesla Owners Italia – quando afferma che è un rischio creare artificiosamente un mercato, come quello delle auto a idrogeno che non saranno mai competitive come le auto a batteria”. Conclude Zampini: “E se è vero che non possiamo pensare di fare la transizione energetica con una sola tecnologia, sarà comunque il fotovoltaico la tecnologia chiave per la transizione, e quindi le auto elettriche saranno la scelta per la mobilità sostenibile”.

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Auto a idrogeno. Dai presupposti normativi alla produzione

La Commissione Europea detta le linee guida sull’idrogeno nel documento “A hydrogen strategy for a climate-neutral Europe” pubblicato nel luglio 2020, ed evidenzia: “L’idrogeno offre una soluzione per decarbonizzare i processi industriali e i settori economici in cui la riduzione delle emissioni di carbonio è urgente e difficile da raggiungere. Tutto ciò rende l’idrogeno essenziale per sostenere l’impegno dell’UE a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 e per lo sforzo globale di attuare l’accordo di Parigi lavorando verso l’inquinamento zero”. 

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L’idrogeno è presente in abbondanza in natura, ma non allo stato puro. Si trova combinato, ad esempio, con l’acqua o con il metano. Per poterlo utilizzare come vettore energetico è necessario produrlo, che significa estrarlo da altre molecole complesse attraverso speciali procedimenti. Ed emerge subito la prima complessità. Se l’estrazione dell’idrogeno dall’acqua attraverso il processo di elettrolisi può considerarsi una strada pulita (a patto che l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili) non lo è altrettanto dal metano. Il processo di produzione di idrogeno a partire da metano, libera infatti nell’ambiente CO2, responsabile del riscaldamento globale del Pianeta. La sola via percorribile è quindi quella dell’idrogeno da fonti rinnovabili, il cosiddetto “idrogeno verde”. Il processo è abbastanza semplice, ma necessita di un meccanismo complesso e consumi elevati di energia: ad esempio per produrre un chilo di idrogeno, necessario per riscaldare una casa media per un giorno, occorre l’elettricità che consuma una famiglia media in una settimana.

Come, dove e..

Ci sono due modi per utilizzare l’idrogeno: come combustibile e come vettore di elettricità. Come combustibile a bassa temperatura, per il riscaldamento degli edifici, mentre ad alta temperatura nell’industria pesante del cemento, del vetro e dell’acciaio. Come vettore di elettricità può essere impiegato per alimentare automobili e, in prospettiva, altri mezzi di trasporto come camion, navi, treni e aerei.

Ma anche in questo caso sono necessarie alcune considerazioni sull’efficienza energetica e sulla convenienza di utilizzare l’idrogeno rispetto ad altre fonti di energia.

In questa analisi sono di aiuto le osservazioni di Nicola Armaroli. Con oltre 250 articoli scientifici e vari libri sul tema energia, Armaroli è divulgatore scientifico e direttore della rivista Sapere. È tra gli scienziati italiani più autorevoli sul tema in ambito internazionale. Guida elettrico da molti anni, con una Tesla Model 3 SR+.

Nel suo seminario on-line per l’Accademia delle ScienzeArmaroli analizza in dettaglio i vari impeghi dell’idrogeno: “L’utilizzo dell’idrogeno per il riscaldamento domestico è una pessima idea. Non è pensabile bruciare l’idrogeno per ricavarne calore a bassa temperatura, dati gli alti costi per la sua produzione. Esistono alternative migliori. Ad esempio, a parità di elettricità rinnovabile consumata, una pompa di calore elettrica è molto più efficiente e produce cinque volte più calore di quanta ne produrrebbe la combustione di idrogeno verde”. Secondo Amaroli altro discorso è invece la combustione dell’idrogeno ad alte temperature per l’industria pesante. Questi sono contesti in cui è difficile abbattere l’utilizzo di idrocarburi e carbone, come nell’industria dell’acciaio dove l’idrogeno viene utilizzato al posto del carbone come agente chimico per ridurre i minerali di ferro in ghisa e in acciaio.

Anche l’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto ha pro e contro. Per motivi di efficienza, costi, e infrastruttura di rifornimento, l’auto a idrogeno non ha futuro rispetto all’auto a batteria. Invece si può intravedere qualche possibilità nell’utilizzo dell’idrogeno nel trasposto pesante, che è responsabile insieme all’industria di circa il 30% della produzione di CO2.

Perché?

Se la produzione di “idrogeno verde” non è economicamente e ambientalmente competitiva e se i vantaggi dell’utilizzo di questo vettore energetico si limitano a pochi campi, ci si chiede perché questo interesse e perché investirvi energie e risorse. Ancora una volta è Nicola Armaroli a far chiarezza: “Certo l’idrogeno verde oggi non è competitivo con l’idrogeno prodotto da metano. Costa circa tre volte di più. E poi c’è un’altra considerazione da fare: dobbiamo andare verso un abbattimento dei consumi energetici, invece l’idrogeno li aumenta. Però l’idrogeno per certe applicazioni può avere un suo sviluppo e lo dovrà avere come nell’industria dell’acciaio e in parte nel trasporto pesante. Una cosa sbagliata che invece si sta facendo è quella di creare artificiosamente un mercato, come quello delle auto a idrogeno che non saranno mai competitive con le auto a batteria. I mercati si creano se c’è un bisogno, se c’è una richiesta. Difficile far partire qualcosa che non è economicamente vantaggioso e che compete con una tecnologia già pronta che mi permette di caricare l’auto nel mio garage. Però dal 2030 l’idrogeno sarà un’opzione che dovremo percorrere perché non possiamo pensare di fare la transizione energetica con una sola tecnologia. Io sono un noto sostenitore del fotovoltaico, che sarà la tecnologia chiave per la transizione. Però non possiamo pensare di produrre l’energia di un intero Paese con un’unica tecnologia, se non altro per ragioni strategiche”. Il cambiamento climatico è una questione globale, e in un’ottica mondiale di riduzione delle emissioni e di neutralità climatica, “l’idrogeno verde” potrebbe avere un ruolo in contesti poveri come l’Africa o il Sud America, oltre ad abbattere l’uso di combustibili fossili in paesi come Cina e India, e meno in Italia, ad esempio, dove c’è minore disponibilità di spazi estesi.

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