La Volvo Ocean Race è a metà, ora arriva il bello: i team coinvolti nella regata stanno per affrontare le condizioni più impervie di tutti i nove mesi di massacrante kermesse. Il passaggio tra la Nuova Zelanda e il Brasile sarà tra i momenti cruciali, e vedrà il motore Volvo Penta D2-75 sugli scudi.

Tutto dipende dai D2-75 di Volvo Penta

Qualche cifra: 45mila miglia nautiche, nove mesi, sette team in gara. La Volvo Ocean Race si pregia di essere una delle manifestazioni sportive più impegnative esistenti. Volvo Penta ne è sponsor tecnico, il D2-75 ne è l’indiscusso protagonista, artefice tanto della propulsione in caso di assenza di vento e in vicinanza dei porti quanto della fornitura di potenza aggiuntiva nelle sale macchine degli yacht Volvo Ocean 65. Il V6-280 a benzina, da parte sua, muove le imbarcazioni gonfiabili. Uno stop over ad Auckland è stata l’occasione per un intervento di manutenzione da parte del responsabile dell’assistenza tecnica Johannes Karlsson. «I motori hanno compiuto il loro dovere, anche nelle condizioni più estreme», è il feedback dell’ingegnere, che ha provveduto al cambio dei componenti consumati.

Verso il gelo dell’oceano Antartico

La tappa da Auckland porterà i team a percorrere 7.600 miglia teoriche nell’Oceano Antartico, a doppiare il celeberrimo Capo Horn, prima di rientrare in Atlantico e concludere il loro viaggio a Itajaí, in Brasile. È storicamente considerata la più impegnativa della Volvo Ocean Race. È innanzitutto la più lunga: ben 7.600 miglia. Non mancheranno, inoltre, venti tempestosi, onde alte fino a sette metri e iceberg. Come già accennato, ognuno dei sette team ha un motore Volvo Penta D2-75 sulla propria imbarcazione: un quadricilindrico da 2,2 litri, capace di 55 chilowatt. Il motore provvede anche agli impianti di comunicazione e di riscaldamento, che sarà letteralmente vitale durante la traversata dei mari meridionali. Finora, il D2-75 è stato usato per circa 500 ore da ciascuna squadra, a una media di cinque ore al giorno.

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