Volvo Penta, il marino dopo l’automotive

Il mondo marino, soprattutto quando si parla di impieghi professionali, è tra i più esposti al processo di ibridizzazione della trasmissione, da quando questo ha varcato i confini dell’automotive. Oltretutto, è il mondo che più si presta ai costruttori Oem. Nella nautica, sia professionale che da diporto, non esistono produttori captive. Ogni cantiere è, di fatto, un assemblatore di componenti prodotti da altri e il motore è uno di questi. Nulla di più facile, allora, di integrare il classico diesel con una bella powerline ibrida.

IL PIANO PER L’ELETTRIFICAZIONE

Volvo Penta

Prima tappa 2020

Forte della sua leadership, Volvo Penta annuncia l’ibridizzazione dei suoi motori per uso professionale e diportistico abbinati al sistema propulsivo Ips, già ampiamente diffuso per la sua straordinaria versatilità. Si tratta di un primo passo, che si concretizzerà con i primi prototipi nel 2020 per poi debuttare con la versione definitiva l’anno successivo nel mondo professionale e, successivamente, in quello diportistico.

I motori per uso professionale sono tutti a sei cilindri e partono dal 7,7 litri del D8 (sino ad ora riservato al mondo diportistico quando abbinato al Volvo Penta Ips) per passare ai 10,84 litri del D11 e arrivare ai 12,8 litri del D13. Comune a tutti il turbocompressore a doppia ammissione. Nel motore più piccolo l’iniezione common rail ha preso il posto degli iniettori pompa ad alta pressione delle versioni di cilindrata maggiore.

Le potenze dipendono dalle tarature, e spaziano per i due motori più grandi tra 354 e 554 chilowatt all’albero, con un regime compreso tra i 2.200 e i 2.300 giri. Mancano dati ufficiali per l’otto litri (attualmente non disponibile con Ips). Considerando però le tarature degli entrobordo ci si dovrebbe spingere verso i 330 kW in R3 e sovrapporsi parzialmente alle tarature minori del D11, anche se con un regime leggermente più alto che parte dai 2.700 e si spinge sino a 2.900 giri. Valore che mantiene ancora la velocità lineare del pistone in area di piena tranquillità e non compromette certo l’affidabilità.

Ibrido e full-electric

Con il motogeneratore calettato subito dopo l’uscita dell’albero motore a cui lo collega una frizione sono possibili almeno tre modalità di funzionamento. Le prime due prevedono che la frizione resti innestata, così il motore può sommare la propria potenza a quella del motore endotermico o lavorare come generatore e ricaricare le batterie. Più interessante, per la presenza del Volvo Penta Ips, il funzionamento con la frizione disinnestata.

In questa modalità solo elettrica si passa dalla navigazione in crociera alla manovra in approdo o avvicinamento. Immancabilmente completano la powerline, almeno dal punto di vista funzionale, l’inverter, il pacco batterie e il Battery management system. Il Bms sfrutterà l’esperienza maturata con il Volvo Penta Evc (Electronic vessel control), con cui si interfaccerà. Sempre in modalità elettrica, la velocità massima si dovrebbe assestare a non meno di 10 – 12 nodi, velocità che, a parte eventuali problemi di autonomia (sopperibili in parte col dimensionamento del pacco batterie) può coincidere con quella di crociera.

Come con altri ibridi, la presenza del motore elettrico riduce le ore di funzionamento del diesel (soprattutto al minimo o ai bassi carichi, le condizioni più usuranti in modo assoluto e relativo) e può anche consentire un suo downsizing. Ovviamente sarà possibile ricaricare le batterie anche collegandosi alla rete fissa durante gli ormeggi, magari utilizzando energia elettrica da fonti rinnovabili anche se le colonnine adatte resteranno ancora per anni una chimera. Troverete la versione completa dell’articolo sul numero di settembre di DIESEL.

NON SOLO ELETTRIFICAZIONE, MA ANCHE AUTOMAZIONE

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